2000, MessLor, Jost von Meggen

Jost von Meggen il primo comandante delle Guardie Svizzere, «Il Messaggio della Santa Casa», 2 (2000), pp. 46-47.

Testo dell’Articolo

Cenni sulla vita

Membro di una famiglia dell’aristocrazia imprenditoriale di Lucerna, Jost von Meggen (1507 o 1508-1559) ricoprì, come i suoi antenati, diverse cariche politiche e fu ambasciatore dei Cantoni svizzeri presso la Santa Sede. Nominato Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme nel corso del suo pellegrinaggio in Terra Santa (1542), fu poi chiamato da Paolo III a svolgere il ruolo di Comandante delle Guardie Svizzere (1548). Esercitò tale incarico – così il suo primo biografo, Jost Segesser – “con sommo e unanime gradimento” nel restante periodo di vita di Paolo III, poi in tutto il pontificato di Giulio III, di Marcello II e di Paolo IV fino al 17 marzo 1559. Egli stesso inoltre provvide personalmente, investendo un notevole capitale, a reclutare i soldati svizzeri per questo Corpo militare.

C’è subito da puntualizzare che, dopo i reclutamenti regolari per la difesa personale del papa effettuati già da Sisto IV soprattutto nel 1480, il fondatore di questo Corpo scelto di soldati fu Giulio II con comunicazione del 21 giugno 1505: la Guardia Svizzera, all’epoca guidata da Peter von Hertenstein e da Kaspar von Silenen, si costituì ufficialmente il 21 gennaio 1506 (cfr. Annuario Pontificio). Poi Clemente VII, dopo il sacco di Roma e su istanza dell’imperatore, sostituì gli svizzeri con i tedeschi. Paolo III ripristinò la Guardia Svizzera nel 1548 e ne affidò il comando al Meggen.

Il viaggio del Meggen in Terra Santa e al Sinai, che si svolse in ben dodici mesi, acquista perciò un particolare rilievo storico: interessa sia la cultura svizzera, sia la storia vaticana. Il suo “diario di viaggio”, redatto in latino, per la prima volta ora è pubblicato in mia traduzione per le edizioni ASEFI Terziaria, sostenute in ciò dal contributo finanziario della ‘Pro Elvetia’. Il titolo è Pellegrinaggio a Gerusalemme. Avventure di viaggio per mare e a cavallo di un gentiluomo svizzero del Cinquecento.

 

Pellegrinaggio a Loreto

Come vi rientra il pellegrinaggio lauretano? Jost si trovò a dover attendere, a Venezia, la partenza della nave “Santa Maria” per la Palestina; perciò decise di impiegare i giorni di attesa compiendo il pellegrinaggio a Loreto. Egli fu in effetti un pellegrino appassionato: da giovane pellegrinò al santuario di Mont-Saint-Michel, in Bretagna; e, per potersi dedicare al viaggio in Terra Santa, addirittura declinò la riconferma di una carica politica che già ricopriva da due anni. Ma ora leggiamo il brano riguardante la Madonna di Loreto.

“Ci si aspettava l’afflusso di molti pellegrini, invece ce n’erano pochi; e poiché avremmo dovuto attendere almeno la festa del Corpus Domini – le navi dei pellegrini partono con comodo, normalmente –, mi unii ad un gruppo della Germania meridionale e della Francia che andava a Loreto. Salpammo in quattro da Venezia il giorno dopo l’Ascensione: il 19 maggio. […].

Il 25 maggio, dopo 15 miglia, arrivammo, via terra, alla Santa Vergine Madre lauretana: luogo davvero bello, sull’alto d’un colle. Venimmo a sapere che quindici anni prima era stato fortificato e cinto di mura, per esser meglio difeso dagli attacchi marittimi dei pirati. Il santuario, notevolmente grande ed elegante, è adornato un po’ ovunque da tante tavolette a testimonianza dei miracoli compiuti dalla Beata Vergine. Al centro c’è il sacello in cui si tramanda che la Santa Vergine nacque e fu educata e dove per ineffabile mistero il Verbo divino coeterno al Padre prese umana carne, secondo l’annuncio dell’angelo Gabriele. Aveva cambiato posto per la terza volta attraversando in volo il mare (come indicava una iscrizione storica, lì affissa): non avendo trovato ancora un luogo degno del suo prestigio, alla fine atterrò lì. In seguito fu cinto tutt’intorno da una struttura di marmo lavorato in modo geniale ed elegante. C’è profusione d’oro e d’argento: calici finemente scolpiti e altre preziose suppellettili sacre. Vi è il collegio dei canonici che cantano le lodi; il canto il più delle volte è figurato. Proprio sulle porte era inscritta questa poesia:

Questa celletta udì il saluto dell’angelo

e accolse i primi voli celesti, celletta

insignita dai cori superni, e al ciel familiare. [Francesco Di Ciaccia]

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