Per Francesco

 Francesco, da Cimabue

Francesco Di Ciaccia, San Francesco, da Cimabue
Pinacoteca privata

Per Francesco, Ceccardiana, 1986, pp. 67-68.

Per Francesco

 Quanto la noncuranza, Francesco,

angustia il tuo animo: è abisso

l’incuria degli amici. Ma i piccoli

ti sono affezionati. I grandi

ti pensano addirittura con stima, magari

per celia. I piccoli ti sono affezionati.

Sei stato qualcosa per loro.

I consiglieri d’Assisi cercarono il grande

d’Assisi, ma Jacopa capì che morivi: ai minori

basta poco per capire i minori.

Domani vi vedrò di nuovo ancora. Non avete

da chiedermi nulla, e nulla

da darmi: ciò che fate è già dono. Le tortore

capirono il dono.

Le piccole ti sono affezionate.

E tu ricordati dei poveri, delle nostre

dimenticanze

oscure, delle nostre paure

che vivono addosso alla nostra stoltezza,

alla nostra stanchezza. A noi poveri

togli l’affanno per quello che è qualche cosa.

Torna

ancora. Una pianta

c’è ancora che cade, una foglia che scende nel vento,

nel terriccio qualche zolla cela il calore.

Non importa se tu non sei niente: è meglio

che tu non sia nulla. Finisci

il tuo sogno: aspettano il volto

di chi benedice, e non per pietà.

Non occorre calpestare l’erba del prato,

oscurare il lumignolo acceso: i poveri

aspettano il canto

che non sia un canto di noia.

Gli uccelli si affollano intorno, ma non hanno

da ridere: la storia è oscura per tutti.

Finisci i tuoi sogni che smorzano i duri

pensieri: la pena delle nostre stanchezze

non vale la pena dei grandi.