Cammarata, Romano, 1987

Romano Cammarata, Violenza, oh cara, Caltanissetta, S. Sciascia, 1987, pagine 195, «TurinScuola», dicembre (1988) pagina 8.

 

 Copertina, Cammarata

In sovraccoperta: disegni di Aldo Testi

 

Testo della recensione

«Avvocati, noi viviamo in una società distorta, inquinata che ha perduto la saggezza, ed è distratta». Queste parole, affidate ad un cittadino qualunque, sarebbero viete e superficiali, se non fossero messe in bocca ad Agostino Bertoni, un tranquillissimo pensionato che vive da solo e con un solo cespite di guadagno, la pensione statale.

«Ebbene?», vi chiederete voi. Ebbene, sì: con i soldi ricevuti dall’ufficio postale, egli fa le sue compere, e una volta una sua banconota da centomila viene scoperta proveniente dal pagamento di un riscatto per sequestro di persona. Un’altra banconota «segnata» dalla polizia gliela trovano nel portafoglio al momento dell’arresto: se ne deduce che chissà quante, ma quante!, banconote riciclate egli possegga. In definitiva: va in carcere con l’accusa di concorso in sequestro di persona. Il romanzo si annuncia lineare all’inizio, senza suspence, poiché l’autore fa capire chiaramente che il Bertoni è innocente: mal capitato nelle grinfie d’una giustizia dissennata, ignorante, presuntuosa, pazzesca e ridicola. Fatto sta che l’incriminato Bertoni si mette in testa di rovesciare le parti, di sfidare lo ius conditum dell’accusa indiziaria, a difesa di un processo in cui il giudice, lui e non altri, deve dimostrare la colpevolezza di un cittadino: non solo, ma addirittura difenderne l’innocenza, se di essa egli è convinto. Nel 1986 questa proposta di riforma penale era ancora profetica, e lo sviluppo storico ha dato ragione al romanziere, anticipatore lucido, nell’invenzione letteraria, di uno ius condendum consono ad una Giustizia più onesta, più rigorosa, che non vada a finire in una pagliacciata. Oltrepassando la tecnica della narrazione diretta e servendosi di opportuni flash-back, Romano Cammarata intesse una trama di figure connesse alla permanenza nel carcere, il cui nucleo ideologico è il seguente: nella debolezza del cittadino onesto nei confronti della «macchina giudiziaria», addirittura nella miserabilità dell’uomo traviato (ad esempio, Carlo), l’umanità vince contro le barbarie d’uno stato impudicamente «di diritto», vince consapevolizzando, per cui ad esempio il giudice stesso va in crisi accorgendosi che la Giustizia, di cui è servitore schiavizzato, fallisce; oppure «convertendo», per cui ad esempio Carlo, dedicatosi alla rapina per la falsa illusione d’esser «padrone onnipotente» di sé, alla fine arriva a scagionare l’innocente. Un romanzo chiaro, dunque, e attraente; facile da leggere, dice qualcosa di molto sensato. Già con altre opere di narrativa e di poesia il Cammarata ha dimostrato la sua perizia scrittoria e la sua intelligenza di vita. Si vede dunque come l’«uomo» sappia unirsi al «dirigente»: Romano Cammarata infatti è Direttore Generale al Ministero della Pubblica istruzione per le scuole liceali. [Francesco di Ciaccia]

 

 

 

 

 

 

 

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