1986, S, Le vetrate

Le vetrate della nostra chiesa. Una catechesi sui sacramenti, «Il Segno», 4 (1986) p. VI; 5 (1986) p. VI.

Testo dell’Articolo

La nostra chiesa, che il card. Giovanni Colombo, quando era arcivescovo di Milano, incoraggiò perché fosse resa più accogliente, ha contemplato la realizzazione delle vetrate policrome, su disegno della scuola “Beato Angelico”. Esse riproducono artisticamente i Sacramenti, con il criterio del simbolismo più aderente all’arte contemporanea. In effetti, poste in basso e situate in uno spazio relativamente ridotto, per la loro rappresentazione simbolica evitano quelle distrazioni che un disegno figurativo provocherebbe; ma, al contempo, richiedono una delucidazione.

Le prime tre vetrate costituiscono una introduzione ai misteri sacramentali come loro premessa generale. Le indichiamo una per una. Guardando l’altare si ha, a sinistra, la prima vetrata, che raffigura il “Grande Annuncio a Maria”. Il rapporto instaurato da Dio con la Vergine è tradotto in linee che dall’alto volgono verso il basso, mentre la risposta della Madonna si esprime in linee che salgono verso l’alto. Sempre guardando l’altare, a destra, è disegnata la morte di Cristo: è la vetrata della “Croce”, una croce stilizzata, da cui partono tre fasce rosse indicanti il sangue che uscì dalle mani e dal costato di Gesù. La vetrata manifesta dunque l’atto concreto con il quale si è attuato l’annuncio e dal quale hanno valore e grazia i segni sacramentali. Ancora a destra, la terza vetrata, applicata alla porta che dà sul cortile, mostra l’effetto generale della redenzione: sono le “Palme”, verdeggianti e dai frutti nutrienti, simbolo di abbondanza. Ed è bene che questa vetrata sia doppia: poiché «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia», dice San Paolo.

A sinistra, invece, la seconda vetrata di quel lato, che è presso il Battistero, simboleggia il Battesimo. Potremmo definirla la vetrata dell’«Acqua», perché il disegno presenta un vortice di linee, come di onde marose. L’acqua è simbolo di purificazione fin dalle più remote civiltà, ma qui essa sta ad indicare la conflittualità nella quale vivono l’uomo e l’umanità in conseguenza del peccato. In alto, però, una colomba, simbolo dello Spirito Santo, avverte della potenza pacificante di Dio. È come un ricordo del Genesi, secondo cui lo Spirito dominava le acque all’inizio della creazione. Il battesimo, dunque, compie una nuova creazione, perché, come dice San Paolo, esso genera la nuova creatura, che è l’uomo guidato dallo Spirito.

A destra si susseguono tutte le altre vetrate, a partire da quella della porta d’uscita al cortile, e sempre nella direzione che va dall’altare verso l’ingresso principale della chiesa.

Il sacramento della Confermazione, cioè la Cresima, è raffigurato in un disegno che potremmo chiamare del “Cenacolo”. Si nota infatti un ambiente, chiuso da un portale; il portale ripete la facciata della nostra chiesa quale appare adesso, dopo gli ampliamenti, e mostra anche il piccolo rosone, aperto sulla medesima facciata. La simbologia si concentra, poi, nelle “fiammelle” che, secondo gli Atti degli Apostoli, scesero sul capo di tutti coloro i quali, con Maria, erano raccolti in preghiera in attesa della discesa dello Spirito Santo. Nel testo biblico, le fiammelle son chiaro simbolo dell’infusione dei doni dello Spirito, ma soprattutto della carità. Nella vetrata esse sono, ovviamente, di color rosso, e sono in numero di sette, poiché si riferiscono ai sette doni dello Spirito Santo con i quali l’uomo riceve la grazia per se stesso e per il servizio dei fratelli.

L’Eucarestia è facilmente ravvisabile nella vetrata successiva, quella del “Pane e del Vino”: essa ha un pane ed un calice, parte del cui interno prospettico è di color rosso vivo, a ricordare il Sangue in cui la consacrazione eucaristica tramuta, sacramentalmente, il vino.

Il sacramento della Penitenza, detto della Confessione, ha un disegno diviso in due sezioni. In alto c’è un sole, segno della illuminazione necessaria all’anima perché conosca il suo peccato. In basso, invece, si vedono come delle ombre: esse ricordano il male che è dentro l’uomo. Nel mezzo è fatto un richiamo alle chiavi: quelle che, metaforicamente, Gesù segnalò quando attribuì a Pietro e agli Apostoli il potere di giudicare in ordine alla “remissione dei peccati”. Si tratta, dunque, di un ministero spirituale, che è al servizio della intelligenza di Dio e della carità dello Spirito, viste appunto, in alto, nel sole.

Proseguendo l’illustrazione delle vetrate a colori della nostra chiesa, dall’altare all’ingresso, siamo giunti alla terz’ultima finestra.

Il sacramento del Matrimonio e della famiglia è rappresentato da anelli incrociati che, dal basso, si stringono sempre più verso l’alto, fino a svilupparsi in una specie di lingua di fuoco, dal colore molto intenso. Questa, dunque, è la vetrata degli “Anelli”. Ciò significa che tutto il complesso della vita matrimoniale, che è potenzialmente crescita per la Chiesa, e tutto l’organismo familiare, che è una comunione di uomini nella Chiesa, tendono ad unificarsi nel punto di convergenza in cui consiste il fine della vita e delle generazioni, cioè nella carità di Cristo.

L’ordine sacro, o Sacerdozio, è simboleggiato mediante un altare, sul quale è poggiato un messale, segno della parola di Dio che il sacerdote legge e spiega ufficialmente. La direzione delle linee della vetrata è verso l’alto, ad esprimere l’elevazione della preghiera eucaristica incentivata e mediata dal “pontefice”, termine con cui il Nuovo Testamento chiama Gesù Cristo: e poiché abbiamo un pontefice che sa compatire le nostre debolezze ed è penetrato nei cieli, accostiamoci a lui con fiducia.

L’ultimo nei sacramenti, l’Unzione degli infermi, costituisce la consacrazione finale: e contiene l’atto definitivo di speranza, la quale è la certezza dei beni “futuri”, cioè di quelli che non sono di questo mondo. Dunque, questa è la vetrata dell’“Ulivo”. L’ulivo è simbolo, anche letterario, di pace e di riposante serenità ed è stato spesso usato, in poesia, giustamente, per sottolineare la dolcezza e la letizia di uno degli uomini che più “cantò” la malattia e la morte: san Francesco d’Assisi. In effetti, quello offerto dal sacramento dell’Unzione non è un riposo bucolico e sentimentale: è un riposo di grazia, una giocondità, nella speranza, che chiude la “milizia” – come pur disse Dante – e il “combattimento” (San Paolo e San Pietro).

Sulla facciata interna della chiesa si staglia una vetrata luminosa, con colori, appunto, tendenti al chiaro. Essa contiene, con disegno figurativo, l’immagine della Madonna Assunta, incoronata con dodici stelle. L’Assunta è segno della Chiesa dei fedeli, i quali dopo il ‘transito’ appartengono alla vita glorificata. Come simbolo della storia completa della Chiesa, ella è figura escatologica, cioè è immagine della Chiesa salvata per sempre. L’iconografia dell’Assunta deriva dalla “Donna coronata di stelle” che è descritta nella Apocalisse di San Giovanni e che rimanda al mistero della Chiesa. Posta in alto, l’immagine dell’Assunta comporta il concetto della protezione materna di Maria e della sua presenza nella comunità dei fedeli, come già tra i discepoli nel Cenacolo. In questo modo ella assomma il titolo della chiesa parrocchiale, indicando 1’“amabilità” con cui intercede presso il Figlio – come hanno dichiarato molti Pontefici – per la Chiesa. [Francesco Di Ciaccia]

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