1987, NotMarcelline, Maria Anna Sala

La Santità specifica delle Marcelline: la Beata Maria Anna Sala, «Un solo cuore». Notiziario dell’Istituto Marcelline, maggio (1987) pp. 27-31.

Testo dell’Articolo

La prima suora Marcellina canonicamente beatificata è un’insegnante educatrice. La canonizzazione, come pronunciamento ufficiale su una figura emergente, costituisce anche l’esemplarità come proposta circa un fine particolare. Perciò la beatificata scandisce, per tutti coloro che ne accettino i segni garantiti dal giudizio ecclesiale, le modulazioni di vita ideale, pur differenziate nelle reali caratteristiche psicologiche ed esistenziali delle singole persone.

La vita di Maria Anna Sala è predisposta dalla Provvidenza fin dagli anni condotti in famiglia: tanto che pure il temporaneo dissesto economico del padre le vale a beneficio. La mano di Dio si vede alla fine: lo ha detto il padre Cristoforo manzoniano.

Ma quale beneficio? È da qui che inizia il cammino di un’esistenza consacrata alla gioventù: sopportazione e comprensione. E ciò è la compassione amorevole. Come, da giovane, Maria Anna sopportò l’angustia della propria famiglia e si fece compassionevole verso il padre, tanto quanto longanime verso chi lo aveva messo in difficoltà finanziarie. Del resto, è anche vero per lo sviluppo globale degli studenti: l’attaccamento alle cose distrae dall’amore del sapere, e la capacità di accettare le disgrazie della vita – alla quale Maria Anna Sala preparava le fanciulle – è inversamente proporzionale alla premura di rifuggire dai piccoli sacrifici della scuola e del convitto.

Alla rinuncia e alla mortificazione del corpo si pensa oggi, a volte, come a qualcosa di superato: ma anche l’acume intellettivo e l’autocoscienza spirituale hanno bisogno di mortificazione della carne. Sulla beata è largo il capitolo relativo alla penitenza corporale; e indipendentemente dagli aspetti caratteristici di una vita consacrata, cercate di immaginarvi un buontempone che educhi la gioventù! Quanta più concreta pedagogia, inoltre, si farebbe se si riuscisse a fare accettare alla gioventù atti penosi sul piano materiale!

La castità. È quasi incredibile quanto l’adolescenza percepisca quasi sensorialmente chi nelle intenzioni e nelle sensazioni è puro. Forse per questo il comportamento della beata era particolarmente rigoroso. In verità è solo la limpidità soggettiva dei sensi ad esercitare l’attrazione di fiducia nei giovani e nelle giovani. I giovani si fidano soltanto dell’innocenza: e l’apprezzano, ancor di più dopo molti anni di esistenza terrena. Ci è ben testimoniato per la Sala: ancorché ella – un corollario, questo, dell’attitudine di castità – fosse uguale verso tutte le alunne, senza preferenza alcuna, brutte o belle, simpatiche o antipatiche, piacevoli o spiacevoli.

Obbedienza ed umiltà. Fuori dalle strategie del potere, per cui il dipendente ossequia il potente – e, dunque, lo studente china il capo al docente – lo spirito d’obbedienza è attitudine a dare la propria volontà a beneficio del proprio prossimo. Da ciò, l’obbedienza religiosa di Maria Anna Sala era la stessa che ella proseguiva nella pratica di educatrice: non già acquiescenza, ma dedizione razionale ed affettiva alle allieve in quanto ciascuna esige, per la propria crescita intellettiva e morale, un trattamento individualizzato, così da insegnante marcellina fu intima all’animo delle ragazze sofferenti. L’insegnante acido non serve a nessuno, il malevolo educatore nuoce a tutti.

Come hanno già posto in risalto, prima, il Card. Carlo Maria Martini e, poi, nel discorso per la beatificazione, Giovanni Paolo II, la vita di Maria Anna Sala è stata rivolta tutta alla sua missione: istruire e formare le giovani.

Il lavoro di istruzione fu compiuto con serietà professionale: su solide basi di cultura – per circostanze pratiche, la sua fu poliedrica – l’insegnante preparava con cura le lezioni, perché il discorso in classe non lasciasse dubbi né incertezze. Lo studente esige un docente sicuro: non è detto impeccabile ed onnisciente, ma tale che si dedichi allo studio come interesse precipuo. Di fatto, le allieve della Sala concordano nel ritenersi soddisfatte, non solo, ma, spesso, entusiaste delle sue esposizioni didattiche. Orbene, entusiasmo non lo suscita se non chi crede a ciò che espone e chi conosce molto bene ciò che dice.

Le testimonianze sottolineano di più, tuttavia, altri meriti della beata, che possono riassumersi nella metodologia educativa.

In questo ambito è da ritenersi certo che le qualità, in lei emerse, debbano molto, ed essenzialmente, all’integrità spirituale della vita religiosa e consacrata. Quindi, non possiamo parlare di lei come suora separatamente dal suo ufficio di educatrice: stante anche che, nell’economia della Provvidenza e nella storia della Chiesa, ella, per istituzione e per ispirazione, acquista senso compiuto in ordine a tale compito peculiare.

Innanzitutto, la povertà e la penitenza: che, ad un livello generalissimo e fondamentale, esprimono la visione delle cose e dei beni, anche fisici, come strumenti per dar lode al Signore, e quindi rifiutati come mezzi del proprio interesse. Tradotto in termini spiccioli, la beata mostrava alle ragazze – e questa è rivelazione, per loro – come non le importasse di avere un libro nuovo, o costoso, oppure un libro usato, o vile; anzi, contraddicendo alla diffusa logica esposta, preferiva ciò che, essendo più povero, era scartato dagli altri. Questa accorta differenziazione di servizio è documentata largamente per la beata: tanto che ciascuna si sentiva un unicum preso in considerazione e seguito. Se non fosse così, non ci potremmo spiegare come le giovinette accettassero così bene, quasi piacevolmente, la disciplina della suora.

Dall’equanimità e dalla rigidità obbediente nei confronti del bene dei discepoli deriva un’implicazione apparentemente contraddittoria: la benignità. Maria Anna Sala era ricercatissima dalle educande per la sua bontà longanime. Ma non fa meraviglia che la persona austera, quand’è intimamente obbediente ed umile, sia a volte un rifugio delle ragazze trasgredienti – come consta da tutto il processo informativo della beata –: chi sa davvero obbedire capisce infatti quanto costi, a volte, farlo. Compassionevole era dunque l’attributo che più risuonava tra le convittrici a proposito di lei.

Ma sopra ogni cosa c’è la carità: verso il prossimo, amato per il Signore. La benevolenza di Maria Anna Sala nasceva dunque congiunta al sentimento d’amore cristiano, per il quale si vede nel vicino, corporalmente, il volto di Gesù povero e, magari, sfigurato. La carità, impedendo l’accondiscendenza di debolezza, rendeva al contempo sicuro e profondo l’affetto. Quest’affetto amichevole è forse la nota più ricorrente nella corrispondenza epistolare della Sala con le ex-allieve; con le lettere, ella continuava una consuetudine di compartecipazione nella carità fraterna che era iniziata nella difficile vita – per così dire – gomito a gomito (poiché la suora Marcellina conduceva il giorno in mezzo alle educande).

Elevata dal sentimento dell’amore, che mai vien meno, per il prossimo, la beata dimostrò intelligenza nel comprendere le sofferenze ed i problemi dell’esistenza variegata delle ex-alunne nelle forme e circostanze ben diverse da quelle, ripetitive e in parte prevedibili, di collegio. Segno della sua delicatezza è la corrispondenza epistolare: nel senso in cui questo umile ed ingrato rapporto contraddice alla psicologia di chi sente che il dovere altrui è di salire al suo piano e non crede come il suo ufficio sia di scendere al piano altrui.

Nonostante le molteplici occupazioni congregazionali e malgrado la pesantezza dell’impegno scolastico e formativo, la beata non trascurava mai la preghiera, sia in comune che in privato, che è il luogo in cui è attinto il vero della vita ed è vissuto il senso del lavoro: missione predestinata ab aeterno. Consorelle ed allieve rendono note le sue fermate nell’oratorio: ma al di là della fermata c’è la sosta continua, il rapporto con Dio che è donatore di tutto, consolatore, pontefice e pastore – diceva San Paolo – delle anime nostre.

Ed allora si capisce da che cosa, nella beata Maria Anna Sala, procedesse tutto il resto. [Francesco Di Ciaccia]

 

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