[Breve colloquio con Padre Pio]
[Breve colloquio con Padre Pio], «La Vita di Padre Pio», 10 (2016), La vita di Padre Pio. Calendario 2017, Edizioni Gamma 3000. [Denominazione di “Pietralcina” corretta nel titolo e nel corpo del testo il 29 ottobre 2016].
Testo del [Breve colloquio]
Si girò, mi sorrise, mi guardò.
M’aspettava?
E come poteva aspettarmi? Sapeva che io ero, lì, per lui?
Mi ha visto certamente in chiesa, mentre ero presente alla sua messa, in prima fila tra i banchi della navata.
Subito dopo la partecipazione alla sua messa, ero andato in sacrestia, che era dietro l’altare maggiore. Egli si stava svestendo dei paramenti liturgici, assistito da un frate.
Appena varco la soglia della porta, si volta verso di me. Quasi di scatto. Come m’aspettasse. Il volto gaudioso.
Un passo verso di me: si protende verso di me, mentre io mi sto avvicinando. Cerco di baciargli le mani: egli invece mi abbraccia.
Erano le prime ore del mattino.
Nel pomeriggio, in chiesa si recitava il rosario. Io ero nel coretto al di sopra della navata centrale. Nel banco davanti al mio era seduto Pio da Pietrelcina. Tutti molti compunti: i frati ed alcuni «secolari» che vi si trovavano. O almeno lo sembravano. Anch’io lo ero: potevo non sembrare devoto e pio, io che mi dedicavo, ed ero lì per questo – nessuno lo sapeva, tranne il superiore del convento -, per uno studio sulle stigmate di Padre Pio?
Lui no. O almeno non sembrava. Lui, che aveva le stigmate, ogni tanto si sporgeva, protendeva il capo verso la navata: sguardi sulla gente che affollava la chiesa.
Mi sembrava uno che fosse curioso: di osservare qualcosa, o qualcuno.
Dopo pranzo, in convento, i frati vanno in cella, per riposare. Io, non avendo quest’abitudine, mi restai nella saletta in cui – mi era stato detto – i frati sostano in «ricreazione» dopo i pasti. Lui era seduto lì: su una poltroncina.
Io poco distante da lui. Seduto su una sedia.
Soli eravamo. E senza alcun sospetto.
O meglio: io sospettavo. Volevo rendermi conto se, come io fantasticavo, soffrisse di continuo per le piaghe.
Non soffriva di continuo.
Appariva rilassato.
Il riposo pomeridiano dei frati durava dalle quattordici alle quindici. Dalle quattordici a quasi le quindici, sedetti a un paso da lui: senza dire neppure una parola.
Pregava? Meditava?
Ogni tanto voltava il capo verso di me: tranquillo, sereno; con sottile aria interrogativa: questo qui che sta a fare, qui? Senza rivolgermi neppure una parola?
Dieci minuti prima delle quindici, mi accostai a lui e gli sottoposi un interrogativo: il sacrificio sacramentale di Cristo che si compie nella celebrazione eucaristica, è un sacrificio anche «nostro», o non lo è?
«È Cristo che si sacrifica – rispose -. I nostri sacrifici sono povere cose».
Parlammo ancora, finché, alle quindici, la saletta s’affollò di frati e di «secolari», cioè di uomini laici. Tra i frati, c’era un giovane, da poco ordinato sacerdote. Disse d’essere andato da lui per consiglio: avrebbe desiderato andare in terra di missione, ma era in dubbio se farlo, dato che i genitori erano vecchi e malati.
Sembrava attendere un «profetico» responso.
Pio da Pietralcina, con naturalezza: «Che cosa dicono i tuoi superiori?».
«Che posso andare».
«Allora vai».
Ovvio!
Identico responso avrebbe potuto permetterselo chiunque altro: qualunque frate. Fa parte della vita religiosa, consacrata con i voti canonici in un Ordine, il principio fondamentale per cui il soggetto dipenda, nel suo agire e nelle scelte, dalla volontà del superiore, non da altri; e, in caso di conflitto tra opposte istanze – «pietà filiale» e ispirazione di farsi missionario (intesa proprio in questi termini dalla Regola francescana), nella fattispecie -, sia il giudizio del superiore a stabilire la via da seguire.
Possibile che un «santo» non possa avere che «illuminazioni»?
Mi sovvenni di mia madre. Mia madre si recava da Padre Pio a San Giovanni Rotondo, per avere «responsi» provenienti direttamente dal «cielo». Quando mio padre, sofferente di ulcera, era indeciso se farsi operare o meno, ella sottopose il dilemma a Padre Pio. Costui:
«L’operazione è sempre un’operazione».
Papà non fu operato.
Dopo molti anni e tante cure, papà guarì.
Mia madre: «L’aveva detto, Padre Pio! L’operazione non andava fatta», e attribuì la guarigione a lui.
Il che era possibile, certamente. Ma non è escluso che, se il papà fosse stato operato, sarebbe guarito magari prima; e non è escluso che la frase potesse significare il contrario: un’operazione chirurgica, in siffatta specie patologica (all’epoca non si conoscevano altri rimedi), è “sempre un’operazione”, ossia un intervento appropriato, efficace.
Un «santo» non è un individuo che possegga la “formula magica” (per usare un’espressione del cantore del «frate del Gargano») per tutti i problemi.
Dal «santo» si va, perché – per servirmi del concetto espresso dal cantore del «frate del Gargano» -,
“germini d’amore il [suo] seme
[…]
come la rosa che s’incima al rovo” (Torna Croce di luce),
sì che
“Il bene che mi dai lo dono agli altri
e quando non ne ho più da te ritorno” (Il bene che mi dai).
Durante il pomeriggio potei recarmi, per un po’, da Padre Pio, nella sua cella. Tra le altre cose gli chiesi:
«Che cosa pensa che tanta gente viene qui, da Lei?».
Si fece un po’ severo e brusco, come si mostrava in genere tra la gente, e:
«Lascia che vengano. Capisci che non è per me?».
Allora mi fu chiaro perché, a volte, egli fosse così duro e scostante.
Francesco Di Ciaccia
0 commenti su “[Breve colloquio con Padre Pio] ”