Izzo, Rosario, Presenze

La poetica delle “piccole cose”, Introduzione a Rosario Izzo, Presenze, Milano, Prometheus (Polimnia 3), 1992.

 

Izzo. Copertina

 

Testo della Introduzione

La poesia di Rosario Izzo fa immediatamente pensare al Pascoli di Myricae, il poeta delle “piccole cose” della vita quotidiana e dei sentimenti familiari. Il registro linguistico è altrettanto discorsivo, ma Izzo ha scelto una soluzione formale dall’andamento fortemente ritmico e legato ad una rima che, pur nella sua varietà strutturale, tende a cadenzare i versi come a sottolinearne un messaggio semplificato e, in qualche modo, da fiaba.

La raccolta si muove tuttavia in pieno realismo, ancorata alla rappresentazione dei fatti e dei sentimenti. L’universo narrato – l’impostazione narrativa presiede appunto a questa operazione poetica – concerne le più vive, e anche comuni, esperienze dell’uomo: gli affetti familiari. Essi sono i vissuti originali, nella vita umana, ripresentati qui nella semplicità del cuore, affezionato a quei cari che non si scordano mai. In primo luogo, i figli: chi potrà dimenticare, finché vive, la tenerezza di quella che è “carne della propria carne”? L’autore ne ripercorre le tappe a partire dal loro ingresso nel mondo: la gioia, di fronte a quel “batuffolo” che è sbocciato come una rosa! L’espressione di gaudio del poeta-padre tocca il colmo dell’umana semplicità, colma d’amore (Grazie di esistere). E segue i suoi figli lungo il percorso della loro prima esistenza – che non è semplice, ma che per un papà è sempre esaltante –, come quando la bimba inizia il corso di danza o il figlio esordisce in un campo di calcio. Il fascino dei piccoli uomini coinvolge il poeta: il fascino di un “sorriso di bimbo” nell’omonima poesia, e sembra che proprio l’infanzia, in tutta la sua estensione esistenziale, ne orienti, come in Orizzonti, l’immaginazione poetica: allora i “seni infantili” della piccola donna si ergono come Musa che ispira le piccole cose della semplice vita d’ogni giorno. Ma ciò che negli affetti paterni sembra condurre l’uomo ad una gratificazione direi promettente, nell’amore tra adulti, invece, compreso quello tra mamma e papà, si nasconde il pericolo: il rischio di sentirsi lontano. È la problematica di due esseri che si snodano ciascuno secondo un proprio sviluppo e che possono arrivare a non capirsi all’unisono (Capirsi): non saper più partecipare, ancora una volta, al vissuto dell’altro. Le sofferenze dell’uno si allontanano da quelle dell’altro come una nave che è partita da una rada incantevole. È crudele, l’indifferenza (Crudele indifferenza)!

E che cos’è “amore”? Qui, sembra connesso all’imperituro: come per Pascoli, alla natura. Perché infatti, se l’amore tra adulti è un sogno che al risveglio svanisce (L’amore) e se la più profonda beatitudine è “essere padre” – così, nell’omonima poesia –, l’emozione che meno tradisce è quella di fronte alla natura bambina. La natura è sempre bambina! È la libellula che si libra nell’aria leggera, come un sogno appena sognato (Dolce libellula)! È la primavera che aleggia “per magia” coi suoi odori nell’aria: che “ti sfiora, ti avvolge, ti mette allegria” (Primavera). È il mondo campestre con le sue verità incrollabili e semplici, cui l’autore guarda quasi stupito (Immagini).

Con questo spirito egli osserva, vive, ricorda ogni altra realtà: nel ricordo, ad esempio, del primo incanto, quello che, puri e semplici, per la prima volta un uomo e una donna si sono riconosciuti vicini…, e si sono detti l’amore (Tenera è la notte). Con la stessa intimità, tinta di dolcezza e fatta di poesia concreta, ci si trova insieme in famiglia, attorno a un tavolo, o seduti in salotto, per dirsi, con il cuore, quanto si è – ancora – insieme (Serata d’inverno). E insomma tutta un’esigenza di “ascoltare il cuore”, quella che emerge nell’opera di Rosario Izzo, come espressamente è suggerito in Riflessioni, e dalla quale l’autore non dubita di poter trascendere indicando nel desiderio di un amore universale, aperto alla vita genuina, una strada per ogni essere umano (Desiderio d’amore). Al di fuori di questo orizzonte non sussiste che un altro universo: quello dell’egoismo, della sopraffazione, dell’esasperata ricerca del proprio benessere fisico. E in questo senso, poesie come Uomo e Preghiera indicano, con allargata tematica, le prospettive di un mondo migliore. Nel quale la donna ha una funzione essenziale per guidare l’umanità al dolce sentire. E ai veri valori dell’uomo (Amare la vita) (pagine 5-9). [Francesco di Ciaccia]

 

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