Galeazzi G., a cura, 1989

AA. VV., Come si è giunti al Vaticano II, a cura di Giancarlo Galeazzi, Milano, Massimo, 1989, pagine 210, «Il Ragguaglio Librario», 3 (1991) pagina 24.

 

Copertina, Vaticano II

 

 

 

Testo della recensione

Conoscere la genesi del Vaticano II serve per comprendere anche la complessità del dibattito teologico e pastorale sorto tra i Padri conciliari. Nella preparazione e nello svolgimento del Concilio compaiono personalità di primo piano nella storia della Chiesa del ‘900, alcune delle quali i cardinali Tardini, Montini e Lercaro – sono presentate rispettivamente da Casulla, da Vian e da Rizzi; ma la prevalente attenzione va certamente sulla figura di Giovanni XXIII, il quale – come spiega mons. Capovilla, che fu suo segretario – aveva maturato nel corso della sua esperienza ecclesiastica, condotta per molto tempo anche fuori d’Italia, la convinzione che fosse necessaria un’assise universale della Chiesa. L’assillo del Pontefice era quello che fosse riproposto nella Chiesa e dalla Chiesa il primato della «libertà»: libertà dal potere e libertà per il servizio, per avvicinare tutti gli uomini nello spirito di pace e di carità.

Del resto, la richiesta ecclesiale prima del Concilio era quella che il cattolicesimo riprendesse «un contatto con il mondo», come sottolinea il card. Garrone, un contatto, però, che comportava che la Chiesa avesse il coraggio di definirsi fulcro di verità, sì, ma nella «povertà», riconoscendo ad ogni altra istituzione religiosa i reali meriti senza ergere fili spinati di «anatemi». Anche il contesto storico-culturale era propizio ad un Concilio che sembrava ormai poter percepire come la società umana fosse in rapido movimento. Vi riflette Giorgio Campanini: in un’epoca di crisi ideologiche, di diffusa secolarizzazione e di avanzato pluralismo politico, la chiesa cattolica poteva inserirsi come forza propositiva attraverso un messaggio chiaro, ma nel contempo offerto nei modi non impositivi né «teocratici».

Sul piano teologico il Concilio ha trovato una premessa – così argomenta con ampiezza Italo Mancini – nella cosiddetta «teologia politica», che dagli anni ‘40-’50 (dopo la crisi della «teologia kerigmatica») si faceva carico della «polis dell’uomo» e, per così dire, aveva avvicinato Dio al destino dell’uomo sulla terra. E inoltre si poteva passare dalla teologia «delle conclusioni» (rigide), cioè delle «formule», ad una riflessione problematica. Tra gli altri, anche Maritain contribuì al processo intellettuale preconciliare: lo dimostra Giancarlo Galeazzi, soprattutto nell’idea di un nuovo rapporto tra Chiesa e mondo, nell’istanza di una funzione apostolica dei laici e nella difesa della libertà religiosa.

E, in effetti, il Concilio è valso a muovere il pensiero cattolico verso la concezione di un ruolo essenziale, nella cristianizzazione del mondo, del credente in quanto tale, facendosene poi interprete – così spiega mons. Camillo Ruini – la Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II. Anche quest’esigenza proveniva da lontano, già dal 1947, con la dottrina del card, Suhard di Parigi, – come dimostra Giuseppe Dall’Asta – mentre la riforma liturgica conciliare ha suggellato, tra l’altro, la coesione ecclesiale tra clero e laici, come osserva Osvaldo Rossi. [Francesco di Ciaccia]

 

 

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