Arpino, Giovanni, 1988

Una giovinezza sprecata per sperare ancora, recensione di Giovanni Arpino, Sei stato felice, Giovanni, romanzo, con uno scritto di Geno Pampaloni, Milano, Rusconi (Narrativa Rusconi), 1988, pp. 213, «Tribuna Nord Ovest», 26 novembre (1988) p. 2.

 

Copertina, Arpino, 1988

Testo della recensione

Giovanni Arpino ha voluto “caparbiamente” – dice Pampaloni – ripubblicare il suo primo romanzo (1951), nato in una temperie tra il neorealismo e l’indagine di costume. L’interesse di Arpino non è, però, ideologico-politico. Il suo realismo è in tensione verso l’onirico e quasi verso il fiabesco, ha il sapore dell’invenzione trasognata, in un descrittivismo misterico. L’ambientazione è quella delle esigenze arrangiate e dimesse, di gente dispersa tra i rivoli di esistenzialismi in “do minore”. Il racconto non soltanto si complica in un vortice di episodi che inseguono i tentativi degli uomini di vivere in qualche modo e in qualche modo di guadagnare qualcosa; esso presenta anche uno sviluppo che, apparentemente scialbo, s’inarca su un filo di interessante tensione: dall’arido e vuoto vitalismo iniziale, il protagonista è condotto ad una maturità che trascende il protagonista medesimo. La maturazione passa attraverso l’amore per una donna: un amore pur esso esile, come tutte le esperienze di questo giovane “Giovanni” del romanzo. Ma, travalicando la sottigliezza realistica di questa relazione affettiva ed effettiva, la donna assurge – e direi quasi a caso – a simbolo di una universalità: “Ti amo per tutti. Tutti sono io”.

Non c’è, certo, in quest’opera, l’esistenzialità dal largo respiro morale e coscienziale dei capolavori della narrativa; tuttavia c’è una lezione strappata dalla vita quasi con indifferenza, come una moneta trovata per strada: da tutti gli smacchi, compreso quello d’amore, Giovanni impara. La speranza è l’ultimo ed unico pensiero prima di prendere il treno. Il treno per andare non si sa a fare che cosa. Per questo, nella vita arrangiata “sei stato felice, Giovanni”. Superbo è il romanziere nella descrizione dei paesaggi, nella dipintura delle cose. Un po’ demordente in alcuni particolari narrativi inessenziali.

 

 

 

 

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