De Turris, Gianfr. e Fazio, Antonio, 2000

Per non perdersi nell’indifferenza, recensione di Gianfranco De Turris, Come sopravvivere alla modernità. Evol Jünger – Mishima. Manualetto di autodifesa per il 2000 e oltre, Presentazione di Claudio Bonvecchio, Milano, Terziaria (Quaderni), 2000, pagine 137; Antonio Fazio, Quale società civile per l’Italia di domani?, Milano, Terziaria (Quaderni), 2000, pagine 190, «Rosetum», 1-2 (2002) pagina 19; quindi, in Literary.it, 7 (2013).

 

Copertina, De Turris

 

 

 

Testo della recensione

Il “moderno” è bello? Forse. Ma non tutto è accettabile. Ad esempio, modernità è allargare la partecipazione di tutti in ogni campo. Dalla cultura alla politica. Non sarebbe un male. Sarebbe un bene. Però, se ciò non significasse “massificare” tutto. La “massificazione” corrisponde all’idea che ciò che conta è solo il numero, la “quantità”. Così, “tutto viene livellato assai più in basso di un’aurea mediocritas penalizzando i migliori”. Il peggio è che il livellamento passa attraverso il “potere” dei mass media che conduce ad un unico pensiero “globalizzato”. Non solo si sviluppa un Comportamento Unico: si stabilisce un Pensiero Unico. La democrazia occidentale, nonostante la presunzione di garante della libertà, esercita una violenta coercizione, per di più occulta, sulle masse e sugli individui, condizionandone gli atteggiamenti interni ed esterni. Operatore occulto è il Pensiero Economico, diventato il Valore principale, la molla e il fine del cosiddetto progresso. Gli altri valori cedono come canne al vento. Si è universalmente consolidato, ad esempio, il Sistema della Menzogna: quel che conta non è la verità. È l’opportunità. La fedeltà alla parola data, il senso della dignità privata e pubblica sono relegati in un passato definito, con disprezzo, medioevale! Sta venendo a mancare il riferimento alle radici storiche e culturali delle genti: anche, se non in primo luogo, nella nostra Europa. L’Autore svolge una spietata e lucida disamina di tutti i miti della Modernità, che nascondono miseria spirituale e ipocrisia ideologica. Le prospettive di Gianfranco De Turris, sulla scia del filosofo Julius Evola, evitano sia l’isolamento da “torre d’avorio”, sia il catastrofismo. La “resistenza” alla logica dell’utilitarismo e del tecnicismo va condotta a livello personale ed interiore: “Dobbiamo levarci dalla testa il martello dell’economia, decolonizzare il nostro immaginario dai miti del progresso, della scienza e della tecnica”, per dirla con Vincenzo Spagnolo. Scienza e tecnica che non sono più, ormai, considerate un mezzo per migliorare la vita, ma un fine. Autonomo, assoluto, supremo! E ciò significa e comporta l’indifferenza, teorizzata o solo praticata, verso i valori spirituali dell’uomo.

A questo punto possiamo ricordare le parole del governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, nel suo discorso alla XLIII Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si è tenuta a Napoli nel novembre del 1999. Non sembri una forzatura che una personalità di primo piano nella sfera dell’economia metta in guardia dal considerare gli interessi economici come l’orizzonte principale, o persino unico, della società. La sua avvertenza conclusiva, appunto, è di “andare oltre” il benessere materiale, “verso la realizzazione di un bene comune, che implica […] valori morali e spirituali”.

 

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